In questi periodi di chiusure forzate in casa, nascono delle richieste inconsce di far pulizia tra gli scaffali e i faldoni strapieni di spartiti, fogli di musica ingialliti, fotocopie consunte, appunti risalenti al periodo di studi, sistemati nella più totale disinvoltura e anarchia programmata. E proprio piegato dall’insistenza (certamente non mia) di fare ordine in tutto questo marasma, si ritrovano dei cimeli apparentemente relegati in fondo alla memoria della nostra esperienza. Ma qui arriva l’aspetto imprevisto del ricordo infantile di quando all’oratorio (ora B.V.I.) si allestivano spettacoli, chiamati “operette” progettati per la festa della mamma del mese di maggio. La sorpresa: Fior di Loto operetta in tre atti,libretto e musica di Romolo Corona. Ritrovo questo spartito per canto e pianoforte, e tutto, improvvisamente, ritorna alla memoria quel periodo. Correva l’anno 1962, sessanta anni fa. Qui il potere della musica si manifesta in tutta la sua forza. Come aver aperto un “file nascosto” della nostra memoria tornano alla mente le musiche eseguite al pianoforte e all’organo elettrico (allora si chiamava così) da due persone che, senza saperlo, e senza volerlo, mi hanno formato al senso del bello e alla fatica per raggiungerlo. Pio Garoni che insegnava i canti da gennaio (era il progetto che si metteva in opera dopo le festività natalizie) e Adolfo D’Aniello che affascinava tutti noi bambini con i suoni dell’organo elettrico fatto arrivare per l’occasione. E qui iniziavano le prove in oratorio: copione a memoria, canti solistici e in coro, sempre tutto a memoria, ma si sa che a dieci anni la memoria non ha nessun vuoto. Tutto facilissimo! Taky-Li, padrone del Bazar, il Mandarino, Tciang, Li, Miss Mary Dolly e Mister Spenser.
E poi le danze con i canti del coro dei bambini, dei marinaretti (marinaretti l’azzurro mar, il brano più affascinante e più cantato di noi bambini) dei fantocci giapponesi e la mitica danza del drago, senza dimenticare l’eleganza della danza dei lillà. Questi erano i personaggi che gravitavano attorno ai protagonisti: Fior di Loto e Fukuki, suo fratello, interpretato dal sottoscritto. Quanta emozione allora, ma l’emozione si rinnova anche adesso che sto riprendendo da un altro punto di osservazione tutti questi ricordi.
Questa volta seduto al pianoforte a suonare queste musiche. Mi ricordo tutto: i passaggi, le melodie, i cori, le scene, i costumi e anche l’emozione e l’imbarazzo infantile di dover dare un bacio a Fior di Loto, in scena e durante le prove (esigenze di copione) dopo una struggente melodia cantata da me per l’ultimo saluto, prima della partenza della sorella sulla nave, verso un mondo migliore.
Ora posso ripensare a tutto questo e ad altre esperienze fatte in oratorio. Era la mia seconda casa, lì ho trovato amicizie che ancora oggi persistono, ho trovato la gioia di stare insieme e condividere con i miei “compagni di canto” (si chiamavano piccoli cantori o in modo più altisonante pueri cantores) l’interesse per la musica e per il teatro, l’attenzione che ci riservava il prete dell’oratorio, e di conseguenza l’entusiasmo nel fare tutto questo. C’era un progetto che da bambino non riconoscevo, ma che ora, a distanza di anni, con il famoso senno di poi, percepisco nella sua grande luminosità, concretezza e attualità. Era la formazione che iniziava dalla famiglia ed insieme alla famiglia continuava al di fuori della famiglia stessa, all’oratorio, a scuola. Questo insieme di panacea educativa, la musica, il teatro, la danza, avevano un compito educativo inconscio, quello cioè di sensibilizzare il senso del bello e buono, esprimendo la sintesi di tutte le virtù, sia estetiche che morali.
“Educare i fanciulli fin dalla infanzia al bello in modo che in età adulta, avendo fatto tesoro di quanto percepito, saranno in grado di giudicare con fermezza in età adulta, comportandosi e diventando uomini giusti”
Questo pensiero è la sintesi di quanto gli antichi filosofi greci riponevano nell’educazione musicale e artistica chiamata mousike, un significato composito indicando l’insieme di musica, danza e poesia.
Facciamone tesoro!
Enrico Balestreri